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STORIA DELLA SHASHKA RUSSA





 

ORIGINE ETIMOLOGICA DEL TERMINE

Nella moderna scienza delle armi è opinione, saldamente radicata, che il termine “shashka” abbia origine caucasica. Di solito interpretato come derivato dalla parola “sa-shho”, che in Kabardino significa “lungo coltello”. Tuttavia, molti autori contemporanei hanno confutato questa convinzione, come nel caso dell’autorevole Emma G. Astvatsaturyan – scomparsa recentemente - autrice di innumerevoli saggi sulle armi caucasiche.

Infatti, dopo attente ricerche, vari studiosi sostengono che il termine “shashka” abbia diversa derivazione. Prima di tutto, né nella lingua circassa, né in quella cecena, né in lingua osseta esiste una parola del genere. La prima fonte del XVII secolo dove viene menzionata la parola "shashka " è il dizionario russo-inglese di Richard James (edito tra il 1618 e il 1619). Il testo contiene diverso materiale enciclopedico sulle armi russe, e tra queste riporta la parola "shash", della quale, però, non vi è riscontro di traduzione e nessuna interpretazione sul tipo di arma in oggetto: ne viene riportata solo la dizione fonetica, senza specificare il significato semantico della parola.

Secondo altre fonti, un indizio sulla “reale” origine caucasica del termine “shashka” lo si riscontrerebbe nelle opere manoscritte di Giovanni Giuliani da Lucca, missionario domenicano che visitò il Caucaso nella prima metà del XVII secolo. Tuttavia, successive ricerche approfondite, per mezzo di consultazione negli Archivi Vaticani dei suoi scritti originali, in lingua italiana e francese (vi sono anche versioni in latino), hanno smentito detta tesi. Infatti in tutti i capitolati la parola "shashka " - o dizioni simili - non è presente. Giuliani da Lucca utilizzò, in verità, il termine “cimiterre” - in volgare “scimitarra”- parola tutt’ora in uso per indicare armi orientali e ottomane. La confusione in questo caso fu generata da traduzioni postume, quando l’etimo “shashka” era già d’uso comune nella Russia Imperiale. Ciò, infatti, lo si riscontra nella traduzione dei testi di Giuliani, risalente al 1879, di P.O. Yurchenko, che in merito alle armi da taglio cita nomenclature mai utilizzate dal porporato, come “spada”, “sciabola” e “shashka”.

Dalle documentazioni russe dell’epoca si evince che sia i cosacchi caucasici, che quelli della steppa, si armarono di shashka a partire dal XVIII secolo. Proprio nelle medesime documentazioni fu utilizzato per la prima volta il termine “shashka” in modo distinto e specifico rispetto a quello di “sciabola”, cosa che portò a una prima netta distinzione tra tipologie di armi bianche in uso alle varie specialità dell’Esercito Imperiale.

Un’altra fonte in cui è presente la parola "seshkhue" (in altri testi “sseshuo”) è il primo dizionario Russo-Adigo, pubblicato nel 1846, in cui questo sostantivo è indicato come traduzione della parola russa sciabola.

L'origine della parola "shashka", ad oggi, rimane comunque avvolta nel mistero.

 

 

PRIMA DIFFUSIONE NELLA ZONA CAUCASICA

Durante il XVIII secolo e fino al XIX secolo, i nobili signori del Caucaso continuarono a indossare armature di protezione costituite da: cotte di maglia; guanti di maglia a rete; gomitiere piatte ed elmo, che montava a sua volta una cotta di maglia lunga sino alle spalle. Con equipaggiamento di questo tipo i combattenti necessitavano di armi possenti, ma versatili.

Infatti, dal XVI secolo fu utilizzata una poderosa sciabola dalla lama molto lunga e pesante, detta “Polos” in russo. La particolarità di quest’arma risiede nell’estremità della lama, costituita da una punta tetraedrica, simile ad una baionetta, utile a perforare le cotte di maglia.

Con la diffusione in battaglia delle armi da fuoco, le armature cominciarono ad essere accantonate per armamenti più duttili. Di conseguenza, l’utilità di una sciabola ingombrante come il Polos venne meno, e fu soppiantata da armamenti più leggeri, più adatti alla difesa in eventuali attacchi improvvisi. Da qui la shashka divenne l’unico tipo di arma da taglio lunga - di solito indossata assieme ad una pistola - in uso agli uomini d’arme del Caucaso. Assieme al kindjal (pugnale di dimensioni variabili con lama a doppio filo), acquisirà un posto privilegiato in tutti i futuri fatti d’arme legati ai popoli dell’estremo sud-ovest dell’Impero Russo.

Le cotte di maglia, per tradizione, resteranno comunque in uso sulle uniformi da parata della Scorta Personale di Sua Maestà l’Imperatore (Convoi) sino al 1917.


1- Kabardino, 1844; 2- Il principe Osseto Kazbek, 1844. Litografie dall’album «Scènes, paysages, moeurs et costumes du Caucase dessinèns d’aprèns; nature parle prince Gregorie Gagarine et accompagnes; d’un texte pour le comte Ernest Stakelberg». Paris, 1845 c.ca.

 

I primi esemplari di shashka caucasica erano composti da: una lama in acciaio monofilare, caratterizzata da una leggera curvatura; dall’impugnatura, fissata sul codolo, costituita da due metà sovrapposte su entrambi i lati di quest’ultimo, e fissate l'una all'altra usando tre (raramente due) rivetti metallici a testa piatta, o sferici. L’impugnatura, solitamente in legno o in corno, era sprovvista di guardia, con una cappetta ricurva e biforcuta. In base alle sue caratteristiche tecniche, la lama della shashka caucasica non fu progettata per l’affondo, ma prevalentemente per il taglio. Il fodero era in legno prodotto in due pezzi e rivestito in pelle o in marocchino. Gli occhielli del fodero erano predisposti dal lato convesso della curvatura, affinché l’arma  fosse portata capovolta, con il filo rivolto verso l’alto.

Le tipologie d’acciaio utilizzato furono molteplici.

Il Caucaso non aveva a disposizione grandi quantitativi di ferro, indi per cui, inizialmente, molte delle lame furono importate dall’Europa occidentale (meno spesso dall’Impero Ottomano). Molte di queste ultime risalivano all’inizio del XVIII secolo. Le iscrizioni e i segni distintivi ne determinano l’origine, quindi è possibile tutt’oggi riscontrare su alcuni esemplari immagini a tema cristiano-cattolico; simboli araldici di varia estrazione; citazioni militari; incisioni raffiguranti un ussaro a cavallo etc.

In Caucaso la popolarità delle lame europee era dovuta alla buona qualità di acciaio e forgia, cosa che ne favorì la richiesta da parte degli acquirenti più danarosi. Tuttavia, questa situazione portò anche alle prime falsificazioni ad opera dei mastri caucasici, che ne copiarono marchi e figure incisi.

Una delle contraffazioni più diffusa risultò essere quella in cui veniva impresso il “Volchok” – “Lupo”  in russo - un marchio stilizzato, a forma di lupo che corre, originario dei maestri della città tedesca di Passau. Detta figura derivava dallo stemma di questa città, che nel XIV secolo ne concesse l’uso ai suoi armaioli.

Si precisa che molti forgiatori orientali non furono fedeli nel riprodurre e codificare alla perfezione simili contrassegni, così che nel tempo ne nacquero versioni difformi, caratterizzate da personalizzazioni assai marcate.

Fin dall’inizio la shashka fu un’arma dal caratteristico stile riccamente adornato e il soggetto delle sue raffigurazioni, oltre che la tecnica di realizzazione, ne determinano l’origine geografica. Esistevano diversi procedimenti decorativi: le niellatura, l’incisione, il koftgari e l’acquaforte. La zona dove si prediligeva la niellatura era il Caucaso occidentale, ad opera di Adighi (o Circassi), Kabardini e Magreli. L’incisione era spesso utilizzata in Dagestan. Il koftgari era una tecnica tipica della Georgia, del Dagestan, dell’Armenia, della Persia e della Turchia. La tecnica dell’acquaforte, invece, era solita essere utilizzata dai mastri all’interno degli sgusci delle lame, per dare loro un aspetto damascato.

Magreli, anni ottanta dell’Ottocento. (Fonte web)

 

Molto importanti erano le raffigurazioni ottenute. Così in base allo stile utilizzato, si può individuare l’origine etnica dell’arma.

Nella tecnica ornamentale circassa possiamo ritrovare raffigurazioni floreali, silvestri e simboliche, ottenute tramite forme geometriche e stilizzate. Questi motivi erano d’uso comune anche in tessuti, scarpe, utensili in legno, oggetti domestici, gioielli femminili, e finirono per influenzare altri popoli del Caucaso centro-occidentale (Abkhazi, Karachais, Balkari, Osseti, Ceceni, Ingushi). Uno degli antichi motivi Adighi è il “Tamga”, il marchio di proprietà con cui venivano contrassegnate le mandrie.  

In Georgia ritroviamo uno stile tipicamente floreale, con un riempimento degli spazi molto ricco, una decorazione piena, a volte esaltata da koftgari e pietre preziose.

In Dagestan si eccelleva nella tecnica del koftgari, con motivi floreali e lame spesso damascate.

Tecniche decorative della Shashka. Da sinistra a destra: niellatura, incisione, koftgari. (Collezioni private)

 

SHASHKA NELL'IMPERO RUSSO

Come già accennato, parlando dell’origine del termine Shashka, i cosacchi fecero largo uso di quest’arma a partire del XVIII secolo. Entrò a far parte del loro armamento durante la fase di presidio confinario con il territorio caucasico - i primi ad essere collocati nei distretti limitrofi a questo furono i cosacchi del Voisko del Don, del Kuban, del Terek e del Greben: in cambio di maggiore autonomia nelle proprie terre e per beneficiare di un’esenzione delle tasse da versare all’Impero, accettarono di entrare nei ranghi zaristi per essere posti a difesa delle zone remote. Quindi, i cosacchi furono i primi a subire l’influenza di usi e costumi di quel territorio. Di conseguenza non è un caso che i primi esemplari di shashka da loro adottati non erano assolutamente diversi da quelli utilizzati dai “Montanari” del Caucaso: li acquistarono direttamente dai mastri della zona (Durante la fase della conquista del Caucaso, la shashka entrerà ufficialmente a far parte anche dell’equipaggiamento dell’esercito regolare russo).

Per tutta la durata del XIX secolo, le norme di fabbricazione della shashka, essendo di produzione artigianale, non furono disciplinate da alcuna disposizione ufficiale.

Ritratto del cosacco I.M. Ilovajskij con shashka - seconda metà del XVIII secolo. «Armi da taglio dei Cosacchi del Don» di Kulakov O., Sarychev M., Vorontsov M., Gvozdevich A.

 

 

Prima traccia di regolamentazione in materia la si ha nel 1834, quando fu codificato il primo modello riconosciuto e prodotto a Zlatoust, denominato “Shashka asiatica per i ranghi inferiori mod. 1834”. A sorpresa, questo non fu destinato ai cosacchi, bensì al Reggimento dei Dragoni “Nizhegorodsky” – reggimento che si era distinto nelle “campagne conto i Montanari”.

Per quanto riguardava le truppe cosacche, la regolamentazione della shashka sarebbe giunta dopo quattro anni, col mod. 1838.

Tuttavia questi passaggi risultarono essere solo un primo timido segnale di codifica per un arma divenuta d’uso comune a tutte le truppe che giocarono un ruolo importante nelle guerre caucasiche. Ciò portò a un’iniziale differenziazione rispetto ai modelli conosciuti fino a quel momento.

A sinistra, Cosacco degli Urali Matvey Mostovshikov, Cavaliere di San Giorgio. Al suo fianco porta la Shashka da cosacco mod.1838, e il fucile cosacco 6 linee di produzione Belga mod.1859. («Album del Turkestan», 1871-1872). A destra, gruppo di sott’ufficiali  del 17° Rgt. dei Dragoni di Sua Maestà Imperiale “Nizhny Novgorod”, armati di Shashka Asiatica mod. 1834. (Fonte web)

 

 

A sinistra, Shashka per ufficiali dei cosacchi mod. 1838. Sulla destra, Shashka per ufficiali mod. 1834 per i Rgt.ti “Nizhny Novgorod” e “Seversky”. («Descrizione delle uniformi, delle armi per gli ufficiali e i dipendenti pubblici di tutte le unità delle truppe e dei dipartimenti militari – lista 1-5.» 1861).

 

 

Invece, l’adozione ufficiale della Shashka contemporanea deriva dalla riforma degli armamenti dell’Esercito Russo attuata nel 1881, sotto la guida diretta del famoso tecnico-armaiolo A.P. Gorlov. Inizialmente lo scopo di detto provvedimento era la standardizzazione tra le lame delle diverse specialità, in modo tale da unificarne la produzione.

Dopo aver analizzato le sue caratteristiche tecniche, la lama caucasica fu presa come modello per tutti i ranghi dell’esercito, ma con alcune peculiarità: per i cosacchi furono mantenute armi prive di guardia; per la cavalleria, l’artiglieria e altre specialità fu disposta una guardia semplice frontale.

La Riforma portò pertanto all’adozione della più nota shashka mod. 1881. Nonostante ciò, i cosacchi Caucasici avrebbero continuarono ad utilizzare armi irregolari fino al 1904 (in quell’anno fu codificato un modello unificato in stile caucasico).

Cosacchi degli Urali con Shashka da cosacco mod. 1881 e Berdan N.2. (Fonte web)

 

 



Artiglieri della 22^ Brigata d’Artiglieria di Novgorod - distretto militare di San Pietroburgo - con Shashka d’artiglieria mod. 1881. Le principali differenze con la mod.1881 da Dragoni erano: la minor lunghezza della lama e il fodero privo dei supporti per la baionetta. (Fonte web)

 

 


Cosacchi del Kuban durante la prima guerra mondiale. Si può notare la shashka caucasica mod. 1904 per sott’ufficiale (con inserti in metallo decorato) e la mod. 1904 caucasica per i ranghi inferiori. (Fb:«Русское холодное антикварное оружие. »)

 

 

Gli ultimi esemplari di shashka adottati dall’esercito Imperiale Russo furono i modelli per ufficiali denominati mod. 1881/1909 da dragoni e mod. 1881/1910 per cosacchi.

Molto simili alle lame già trattate, questi sono caratterizzati da impugnatura maggiormente lavorata: costruita in bachelite, oppure in legno d’ebano rivestito in pelle nera, con scanalature longitudinali. Il monogramma presente sul dorso della cappetta dipendeva dal periodo in cui il proprietario dell’arma era stato nominato ufficiale (sotto il regno di Alessandro III o di Nicola II). 

 

SHASHKA DURANTE LA GUERRA CIVILE E ADOZIONE DELLA MOD.1927

Le prime formazioni dell’Armata Rossa furono equipaggiate con lame provenienti dalle riserve del vecchio Esercito Imperiale: i modelli continuarono ad essere gli stessi del periodo precedente (Shashka mod.1881 da cosacchi e dragoni, mod.1881/1909 da ufficiale etc.). L’unica differenza constò nell’eliminazione dei monogrammi zaristi presenti sull’impugnatura.

Lo stesso discorso vale parzialmente per l’equipaggiamento dell’Armata Bianca.  

A sinistra, truppe cosacche dell’Armata Bianca. Al loro fianco la Shashka Caucasica mod. 1904. A destra, il Comandante Supremo della Russia, l’Ammiraglio A.V. Kolchak. Al suo fianco la shashka di tipo caucasico con l’onoreficenza dell’Ordine di San Giorgio. Omsk, 1919. (Fb:«Русское холодное антикварное оружие. »)

 

 

Dopo la fine della guerra civile, la cavalleria dell’Armata Rossa continuò ad avere un ruolo di rilievo. Nel 1927, con l’ordine dell’ RVS (PBC - Рев. Воен. Совет Республики) n.583, vennero adottati nuovi modelli di shashka: il mod.1927, senza prese per baionetta per il personale di comando; il mod.1927 da cavalleria, con prese per baionetta, destinata ai sott’ufficiali e alla truppa.

A sinistra, soldati dell’Armata Rossa armati di Shashka cosacca mod. 1881.A destra, cavaliere dell’armata rossa armato di mod.1927 (si può notare la testa o cappetta “gonfia” del I Tipo). (Fb:«Холодное оружие Советского Союза. »)

 

 

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