ARMALITE AR-10
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Dall’aeronautica al fucile del futuro
Siamo negli anni ’50 e la seconda guerra mondiale è appena cessata, ma il progresso tecnologico che ha portato con sé continua a correre, soprattutto, nel campo aerospaziale, militare e chimico. Sono state messe a punto nuove leghe metalliche, nuovi processi produttivi e composti chimici capaci di produrre materiali più leggeri e resistenti. È in questo momento, quindi, che ingegneri come George Sullivan, già dipendente della nota azienda aerospaziale Lockheed Aircraft Corp., trovano terreno fertile per le loro idee: un nuovo fucile ultraleggero. Costruito con leghe di acciaio e alluminio, con elementi in fibra di vetro e plastiche, e costruito seguendo il concetto sviluppato dai tedeschi, di un’arma individuale che potesse adattarsi a più ruoli standardizzando la fanteria con un unico sistema d’arma.
Nel 1953 Sullivan ebbe modo di conoscere e parlare a uno dei manager della Fairchild Engine & Airplane Corporation, azienda del Maryland anch’essa coinvolta nel settore aeronautico e specializzata nella produzione di componenti in alluminio. Quindi riuscì a far arrivare la voce di questo progetto al presidente Richard S. Boutelle. La fortuna di Sullivan fu che il presidente Boutelle, non solo, era un appasionato d’armi e caccia, ma che fosse pure interessato a diversificare la produzione della Fairchild nel tentativo di esplorare nuovi mercati. Fu così che nell’ottobre del 1954 nacque la ArmaLite Division, branca della Fairchild con sede a Hollywood, dove Sullivan aveva già investito con un suo socio su una piccola azienda.
Sullivan formò quindi un team assumendo il cognato Charles Dorchester, con il quale aveva già progettato un fucile, e il tecnico della Army Ordnance Eugene M. Stoner col ruolo di ingegnere capo.
AR-1 a sinistra e AR-5 a destra
Sullivan e Dorchester lanciarono quindi il primo fucile, l’AR-1 appunto, dove AR stava per Armalite Rifle. Si trattava, semplicemente, di una carabina a otturatore girevole scorrevole con un castello in alluminio e un calcio in fibra di vetro, camerato per il 308 Winchester.
L’AR-1 vide poco interesse e ne vennero quindi prodotti pochi esemplari.
Nei due anni seguenti la ArmaLite produsse dei modelli di successo, tra cui l’AR-5, un fucile a otturatore scorrevole girevole in .22 Hornet che verrà adottato dall’ US Air Force sotto la denominazione di MA-1 come fucile da sopravvivenza da assegnare ai piloti. Verranno sviluppati gli AR-3 e l’AR-9, entrambe armi dotate del noto otturatore a 8 tenoni di chiusura che verrà poi utilizzato sugli AR-10 e AR-15, utilizzando anche lo stesso sistema di impiego diretto dei gas. L’otturatore a 8 tenoni di chiusura tuttavia non è figlio della mente di Eugene Stoner, come si potrebbe pensare, ma era un’idea di un altro progettista, Melvin M. Johnson Jr., il quale stava collaborando con la ArmaLite visti gli insuccessi della sua Johnson Automatics Manufacturing Company.
otturatore AR-10
Il fucile del futuro prende forma
Nel 1955 il primo prototipo dell’AR-10 vede la luce, ma non dura a lungo: si tratta infatti di un fucile più simile a una variante della mitragliatrice Johnson che all’AR-10 che conosciamo, ne condivide infatti gli organi di mira, l’otturatore, il calcio tubolare ed è alimentato da un caricatore per il fucile automatico BAR, il quale ovviamente ospita cartucce .30M2 (7,62x63mm). Alla fine del 1955 viene rapidamente sviluppato un secondo e nuovo prototipo, in cui saranno cambiate alcune caratteristiche esterne: il calcio è ora costruito con una propria pala di forma triangolare in plastica rinforzata con la fibra di vetro così come il paramano e l’impugnatura a pistola. Gli organi di mira sono stati rimossi per far spazio a un’ottica tedesca ZF-4 e il caricatore di tipo BAR sostituito con uno in alluminio costruito ad hoc per ospitare la nuova cartuccia 7,62 NATO.
Nel dicembre del 1955 viene completato il terzo prototipo, rinominato AR-10A, il quale differisce dal secondo nell’avere la tacca di mira inserita in un maniglione di trasporto sopra il castello, e il mirino posto sopra un nuovo freno di bocca costruito in duralluminio. Gli ultimi 15 cm della canna erano forati e ricoperti con questo cilindro traforato, il quale lo rendeva un eccellente freno di bocca e rompifiamma.
Sarà quest’ultimo prototipo a essere portato di corsa ai test del CONARC (Continental Army Command) per concorrere al bando di selezione del nuovo fucile leggero per l’esercito americano. Qui riceverà apprezzamenti e note di merito, ma a causa della fretta imposta dallo stesso Ordnance Corps (la branca dell’apparato logistico del US Army che ha il compito di promuovere e scegliere armi e munizionamento per l’esercito) verrà spostata l’attenzione sui prototipi T44 e T48 che erano in uno stadio di sviluppo già più avanzato (prototipi che sono rispettivamente il futuro M14 e il FN FAL).
AR-10A
Nonostante la vita dell’AR-10 inizi già con un primo insuccesso durante un bando d’adozione militare, durante questi test il CONARC deciderà di promuovere il sistema AR-10 all’interno del programma SALVO per maggiori sviluppi. Il programma SALVO, che diventerà poi lo SPIW, doveva far luce sulle potenzialità delle nuove munizioni di piccolo calibro ad alta velocità: nascerà infatti da questo programma il più piccolo e leggero AR-15, futuro M16, incamerato nel nuovo calibro 223 remington.
Nel 1956 ArmaLite propose a Fairchild un quarto prototipo, denominato AR-10B, ora con un mirino staccato dal freno di bocca e con la manetta di armamento ora situata sotto il maniglione, sostituendo la precedente che sporgeva dal foro d’espulsione dei bossoli.
AR-10B
Prima di continuare, ora che siamo arrivati a capire com’era costituito l’AR-10 nella forma con cui si presentava, dobbiamo capire cosa lo rendeva un fucile all’avanguardia. L’idea di usare materiali plastici, la canna e il castello in leghe di alluminio, il caratteristico freno di bocca combinato con un sistema a impiego diretto dei gas (il quale non necessitava quindi di un pistone aggiungendo la relativa massa) rendevano l’arma particolarmente leggera ma comunque controllabile.
Nel dicembre del 1956 venne quindi riproposto al CONARC, ma non diede i risultati sperati: le parti interne tendevano a incepparsi con lo sporco, o col freddo quando veniva testato al congelamento a temperature sotto lo 0°C. Il freno di bocca si dimostrò subito fragile, il fucile aveva problemi sia nell’estrazione che nell’alimentazione. Nel gennaio del ’57 i test ripresero su due fucili (numeri di serie 1002 e 1004), con un nuovo freno di bocca in titanio anziché duralluminio. Nonostante ciò i problemi col freddo persistevano e, fatto ancor più grave, durante gli endurance test la canna di uno dei 2 fucili proposti esplose sul lato sinistro, a pochi centimetri dalla mano del tiratore che stava svolgendo la prova di tiro. In una settimana Stoner adattò delle canne in acciaio del prototipo T44 al AR-10B, alleggerendole e portandole allo stesso peso delle precedenti canne in alluminio e acciaio, e furono riproposti, ma i malfunzionamenti persistevano. Il Pentagono però era ansioso di ricevere un rapporto, quindi il CONARC non poté far a meno di terminare i test e riportare i risultati.
Tutto ciò non fu ben visto ai vertici dell’esercito, dove la mentalità comune prediligeva fucili più robusti, fatti in acciaio e legno, capaci di montare baionette e lanciare granate da fucile (due elementi che nella progettazione dell’AR-10 erano stati volutamente scartati). Nel febbraio del 1957 l’AR-10B venne dichiarato non adatto all’utilizzo militare. Più tardi, lo stesso anno, lo US Army sceglierà il T44 come nuovo fucile d’ordinanza sotto la denominazione di US Rifle, 7,62mm, M14.
ArmaLite sbarca in Europa
La notizia dell’adozione del M14 da parte dello US Army non fu accolta come una semplice delusione da parte di Fairchild. L’azienda aveva investito moltissimo per lo sviluppo del AR-10 e a questo punto buttar via il lavoro svolto non era neanche lontanamente contemplato. Va precisato che non solo ArmaLite propose l’AR-10 nelle varianti sopra discusse, ma studiò e lavorò per tutta una gamma di armi che spaziava dal fucile per tiratori scelti a una mitragliatrice leggera multiruolo che si poteva montare su bipiede o addirittura treppiede con un serbatoio separato. Fairchild, quindi, ci teneva a ampliare i propri mercati e trovare chi potesse iniziare una produzione in serie su licenza, per poter, almeno, assicurarsi anche solo qualche piccolo contratto con quegli stati che ancora non avevano adottato un fucile nel calibro NATO.
In quel periodo Fairchild stava trattando con l’olandese Fokker la produzione su licenza di aerei, e fu lo stesso presidente Boutelle a scoprire che l’Olanda non aveva adottato ancora un fucile in 7,62. I diritti della produzione in serie di fucili AR-10 vennero acquisiti in toto dall’arsenale Artillerie-Inrichtingen, situato a Zaandam, fuori Amsterdam. L’arsenale era fiducioso che l’esercito olandese avrebbe adottato il fucile di Stoner fatte le necessarie modifiche e investì due milioni e mezzo di dollari per attrezzarsi. ArmaLite assunse un giovane e promettente ingegnere, James Sullivan (va precisato che non ci sono relazioni di parentela o alcun altro tipo col fondatore George Sullivan), il quale fu incaricato di apportare le modifiche necessarie all’AR-10 per poter venire in contro alla produzione in serie.
L'Avvio della produzione in serie
Prima di cominciare questo nuovo paragrafo, va precisato che per l’AR-10, il pubblico appassionato di armi e dedito al collezionismo, ha diviso le varianti sviluppate e prodotte dalla A.I. in tre principali modelli: il sudanese, il modello di transizione e il portoghese.
AR-10 Portoghese in alto e Sudanese in basso
Come accennato nel paragrafo precedente, J. Sullivan si mise al lavoro per convertire i disegni dell’AR-10 al sistema metrico decimale, inoltre A.I. chiese delle modifiche per rendere il fucile sia più economico, sia più appetibile agli standard dell’esercito olandese. Queste modifiche consistevano in un nuovo mirino con relativo anello per la cinghia; in un tubo del gas posto sopra la canna, anziché sul lato sinistro, e un freno di bocca capace di installare granate da fucile. Questo modello, noto anche come cubano, venne proposto alle forze armate cubane, e furono ordinati un centinaio di pezzi, ma non verranno mai consegnati al governo di Batista, che sarà rovesciato da Castro durante la produzione dei fucili ordinati. La Interarms, l’agenzia che si occupava di vendere le armi della A.I., riprovò a proporre al nuovo governo Cubano le armi oramai in pronta consegna e questi furono testati e acquistati, ma un successivo ordine fu bloccato dall’embargo imposto dagli USA.
Altri paesi furono interessati al AR:
L'ITALIA: L'unità d'elite della marina COMSUBIN dimostrò interesse per la nuova arma AR-10. Pur essendo troppo costosa per per le casse dello Stato italiano, i reparti scelti avevano una certa autonomia economica per poter scegliere il proprio equipaggiamento. Fu così che nel Gennaio 1962, il ministero della difesa acquistò 60 AR-10 con accessori e solo 3 ottiche per un totale di $ 10.446,10 per il proprio reparto d'elite. E' curioso precisare che la fortunitura italiana fu l'ultima commessa e l'ultimo lotto prodotto dalla Artillerie Inrichtingen.
Forse l'unica foto esistente del COMSUBIN con in mano un AR-10 NATO/Portoghese
Qui di seguito il manuale italiano dell'ottica per l'ordine dell'EI:
(immagini concesse da ar10.nl)
Il Nicaragua ne ordinò 7500 ma annullò l’ordine dopo che un esemplare esplose proprio nelle mani del generale Somoza durante una sessione di prova. Il Guatemala ne ordinò mezzo migliaio con l’unica differenza dagli altri, consistente, in una griglia per il raffreddamento nell’ultima porzione della canna. In Sudamerica altri paesi ne richiesero alcuni esemplari per condurre i test e infine va riportato il caso della Finlandia, che richiese una decina di esemplari in 7,62x39 per condurre i test per il loro nuovo fucile d’ordinanza, incamerato però nella munizione sovietica.
Quando finalmente A.I. riuscì ad avviare la produzione arrivò il primo vero contratto. Nel 1958 il Sudan aveva appena ottenuto l’indipendenza e stava cercando di mettere in piedi un proprio esercito, più moderno, capace di competere con il vicino Egitto e soprattutto con i disordini interni. Vista la scarsa disponibilità di fucili L1A1, in principio favoriti, la scelta ricadde sugli AR10: ne vennero ordinati 2500. Il fucile proposto doveva però essere migliorato per soddisfare le necessità dell’esercito e nacque così il modello sudanese: di base un modello cubano, a cui però fu aggiunto un manicotto sopra la porzione di canna esposta spinato al mirino, il quale offriva un attacco per la baionetta; un spegni-fiamma filettato per il montaggio di un rafforzatore per il tiro a salve; vennero aggiunti dei riferimenti luminescenti su tacca di mira e mirino per il tiro notturno; un disco di ottone su cui incidere le informazioni riguardante il reparto assegnato e, per pochi esemplari, il maniglione venne adattato per il montaggio di un’ottica 3x25. Inoltre i numeri di riferimento sull’alzo della tacca di mira vennero posti in caratteri arabi orientali. L’AR10 sudanese, come il cubano, presenta ancora la sicura nella posizione in alto del selettore e la manetta di armamento non telescopica, che sporge dal castello quando arretrata per il caricamento.
Questo modello era essenzialmente un AR-10B con calcio, impugnatura a pistola e paramano completamente in plastica, la canna in acciaio alleggerita e il caratteristico selettore di fuoco con la posizione di sicura verso l’alto come i modelli precedenti, per questo il sudanese si considera il primo modello nonostante le piccole modifiche applicate dal modello cubano.
A seguire alcune foto del contratto sudanese:
Alla fine dell'articolo si può osservare una galleria fotografica con le principali differenze tra il modello sudanese e il modello portoghese.
Nel modello di transizione vennero cambiati i componenti del gruppo di scatto, con la sicura posta nella posizione oramai nota negli AR-15 (questo cambiamento avvenne anche nei primissimi AR-15 che mantenevano molte delle caratteristiche del AR-10) e venne aggiunta una molla al grilletto; venne sostituita, inoltre, la canna (non più alleggerita e con un nuovo design per ospitare le granate da fucile) e fu migliorato notevolmente il paramano, ora in legno e acciaio stampato.
Del modello di transizione furono costruite anche varianti col bipiede integrato alimentate a nastro; versioni a canna corta così come versioni adattate all’uso di ottiche a infrarossi, con un maniglione simile ai modelli sudanesi per tiratori scelti.
Modello di transizione
Il modello portoghese venne sviluppato nel 1960 in occasione del concorso per il nuovo fucile d’ordinanza per il neo stato del Sudafrica. Le nuove caratteristiche sono una leva di armamento non più fissa, ma telescopica, e un bipiede integrato. Il modello portoghese è quello presentato in questo articolo e oggi presente nel mercato italiano come surplus militare per il mercato civile con modifica di demilitarizzazione.
L’AR-10 venne quindi testato assieme ad altri fucili nel calibro NATO (una CETME, un G3, un FN FAL, un Stg 57 e un Madsen Light Automatic Rifle) ed arrivò secondo, primo fra tutti il FAL, decretando così la fine anche per il possibile contratto olandese: nel ’61 infatti, il governo olandese decise che dotarsi dell’oramai imbattibile fucile FN fosse la scelta migliore, visti i risultati dei test.
Resta però ancora un paese aperto all’idea di adottare l’AR-10: il Portogallo.
Il Portogallo aveva già ricevuto alcuni fucili e ne aveva ordinati altri per le proprie truppe speciali, e a questo punto decise di adottare l’ultima variante, denominata poi per l’appunto “portoghese”, per equipaggiarne l’intero esercito. Va, infatti, fatto notare che il Portogallo all’epoca stava combattendo la guerra d’oltremare, impegnato nel reprimere le rivolte di stampo comunista nelle sue colonie africane, in particolare in Angola e Mozambico.
L'AR-10 e la sua contestualizzazione storica
Il Portogallo si trovò impegnato in una difficile e costosa guerra per il mantenimento, a partire dai primissimi anni 60, delle sue colonie africane. Il regime autoritario di Salazar cercò in tutti i modi di conservare il proprio impero coloniale d'oltre mare, anche se economicamente, il paese non era in grado di reggere le enormi spese che le colonie richiedevano, per garantirne il controllo militare. I principali teatri di guerra furono quelli dell'Angola e del Mozambico. Qui i rivoltosi locali, appoggiati da Unione Sovietica, Cuba e Cina con armi e istruttori (soprattutto cubani), ingaggiarono una dura guerriglia che si protrasse per quasi 15 anni fino all'indipendenza ottenuta nel 1974. La vittoria delle forze ribelli fu conseguita più per il crollo del regime portoghese che per una vittoria sul campo. Infatti, il passaggio ad un nuovo regime militare di transizione e poi ad un governo democratico (quello del socialista Mario Soares) fu decisivo per le sorti della guerra di decolonizzazione. Ormai il Portogallo era stanco e privo di risorse per mantenere un grosso (per il piccolo Portogallo) contingente militare oltre oceano.
Sul terreno le forze di liberazione angolane e del Mozambico combatterono una feroce guerriglia di logoramento con le truppe portoghesi. Il loro numero era di gran lunga superiore a quelle portoghesi ma al loro interno, questi movimenti di liberazione, erano altrettanto divisi e contrapposti: questo portò a ripetuti e sanguinosi combattimenti tra le diverse unità di rivoltosi. Questo fatto, fece sì che le operazioni militari si protrassero per un quindicennio senza che nessuna forza in campo potesse avere la meglio sulle altre. Il Portogallo a partire dalla fine degli anni 60 iniziò ad arruolare, nei propri reparti d'oltremare, sempre un maggior numero di volontari africani (che si arruolavano per avere uno stipendio per la propria famiglia) che implementassero le sempre più esigue forze speciali portoghesi. Nonostante il Portogallo fosse un membro della NATO non ricevette aiuti militari e forniture d'armi da altri paesi membri dell'organizzazione, che vedevano la guerra, per il mantenimento delle colonie, con crescente disapprovazione per le brutalità che venivano compiute.
Infatti solo poche migliaia di AR-10 (le stime variano da 1000 a 4000 fucili) raggiunsero le truppe di stanza nelle colonie, prima che il governo olandese emanasse un embargo sul commercio d’armi col Portogallo. I fucili arrivati bastarono a malapena a equipaggiare due dei quattro battaglioni di paracadutisti impiegati in Africa. Quest’ordine fu il più grande mai effettuato ma ovviamente non bastò a mantenere in piedi la produzione di AR-10, e nel 1961 la Artillerie-Inrichtingen chiuse definitivamente la produzione. Le parti di ricambio necessarie alla manutenzione dei pochi AR disponibili dovettero essere quindi prodotte direttamente dal Portogallo durante i quindici anni successivi. L'acquisizione di armi e mezzi diventò sempre più difficile e un grande aiuto fu fornito dalla Rhodesia e dal Sud Africa. I quali vedevano nei movimenti indipendentisti, di orientamento comunista, una minaccia per i propri governi. Questi aiuti militari e logistici permisero al Portogallo di far fronte, fino al 1974, alle truppe ribelli aiutate sempre più massicciamente dall'Unione Sovietica e da Cuba tramite i paesi confinanti. Furono, infatti, migliaia i "consiglieri cubani" che presero parte ai combattimenti in Angola. I combattimenti si protrassero fino al 1974 quando, come accennato in precedenza, il nuovo governo militare decise di disimpegnarsi definitivamente da tutti i possessi d'oltremare.
Esercito portoghese in Angola armato di AR-10
Caratteristiche e accessori
Baionetta:
La baionetta portoghese è atipica e non ricorda nessun'altro esemplare, ha una doppia lama e, diversamente dalla consuetudine, viene montata nella parte alta della canna e non nella parte bassa. Il fodero è molto simile, ma non uguale al modello M8 americano. E' presente la marcatura "AI" sul ricasso della lama. L'esemplare mostrato si riferisce solamente al modello portoghese. La baionetta per il modello sudanese risulta essere diversa.
A seguire il modello Sudanese prodotta in Germania: Questa baionetta, prodotta dall'azienda Interarmco deriva dalla versione tedesca SG42 prodotta durante la Seconda guerra mondiale. All'interno dell'impugnatura è presente un accessorio multiattrezzi.
Ottica:
Dalla stessa azienda Artillerie-Inrichtingen, venne prodotta anche una specifica ottica 3,6x25. Questa ottica non poteva essere installata su tutti gli AR-10 in quanto questi dovevano avere una particolare fresatura nel maniglione da trasporto. Si hanno fortunatamente delle prove fotografiche di utilizzo nei teatri bellici delle guerre coloniali Africane.
Bipiede:
esisteva una versione dell'arma dotata di bipiede. Avendo l'handguard specifico per l'alloggio di questo, non era possibile montarlo su tutti gli AR-10.
Galleria fotografica comparativa tra modello PORTOGHESE e SUDANESE:
A destra calcio e calciolo del portoghese con attacco laterale della cinghia e senza sportello per kit di pulizia. Il modello Sudanese invece ha il vano per il kit e il disco d'ottone di derivazione inglese per incisione del numero di reparto.
Mirino e diottra: il Sudanese a destra ha i riferimenti luminescenti per il tiro notturno e la ghiera di regolazione con caratteri arabi orientali.
Manetta d'armamemnto telescopica a sinsitra per il Portoghese e fissa per il Sudanese.
Selettore di primo tipo per il Sudanese a destra e definitivo per il Portoghese NATO a sinistra, come per gli AR15/M16.
Sopra il manicotto della canna con attacco baionetta e spegnificamma a forchetta filettato per montare il rafforzatore di rinculo (Sudan). Sotto il tromboncino lanciagranate con spegni-fiamma integrato e attacco baionetta superiore (Portogallo). Avendo uso anche per lancio di artifizi espolosivi la presa di gas è ovviamente regolabile in apertura e chiusura.
CLASSIFICAZIONE COLLEZIONISTICA:
PORTOGHESE:
Reperibilità | 4 |
Valore Storico | 3 |
Valore nel Tempo | 4 |
Valore di Mercato | 5 |
Stato dell'Arma | GRADE C- |
SUDANESE:
Reperibilità | 5 |
Valore Storico | 3 |
Valore nel Tempo | 4 |
Valore di Mercato | 5 |
Stato dell'Arma | GRADE B+ |
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VIDEO:
Alla fine dell'articolo è possibile vedere il nostro/video test di tiro, oppure cliccando QUI
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Copyright©2019 - Christian Gorr e Daniele Belussi per CoEx
alcune immagini sono tratte da AR10.nl con espressa autorizzazione di Eric de Wilde all'utilizzo.
Contestualizzazione storica a cura di David Elber
Galleria fotografica:
Guerra Coloniale Africana (1961-1974 / Angola-Mozambico)
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